Gli abitanti civili e cristiani dello Scioa sono nel maggior numero Amarici, come quelli di Gondar, ma rimangono segregati dal grosso della nazione da gioghi altissimi: mentre la più parte degli Abissini vivono su pendii inclinati verso il Nilo Azzurro, quelli dello Scioa popolano principalmente il versante dell’Auash, tributario del Mar Rosso; inoltre una gran parte dell’altipiano che limita lo Scioa verso settentrione è abitata da popoli d’origine galla. Sotto l’aspetto etnologico, lo Scioa forma dunque una specie di masso insulare; gli Etiopi propriamente detti vi sono avviluppati dagl’Ilm-Orma, molto più numerosi, ma disseminati in varie tribù, le cui alleanze si formano e si rompono secondo gl’interessi del momento e i capricci dei capi. I costumi degli abitanti dello Scioa sono gli stessi che quelli degli Amarici, se non che obbediscono più umilmente al loro re: il popolo intero è servo del sovrano; gli schiavi propriamente detti sono poco numerosi, e la vendita dei negri è vietata ai cristiani; ma essi tutti sono altrettanti schiavi, che possono dal padrone essere spogliati dei loro beni e privati della vita. Alcune comunità di Falascia o Fengia sono sparse nello Scioa, e di consueto si classifica fra questi ebrei abissini la setta dei Tabiban, che posseggono un monastero nell’immediata vicinanza di Ankober, in mezzo alle foreste dell’Emamret; il rispetto che si ha per essi deriva dalla paura che ispirano come negromanti. Allo stesso modo che nell’Abissinia propriamente detta, i maomettani dello Scioa sono stati costretti a convertirsi; ma un tempo furono numerosissimi, ed il nome di giberti, col quale sono conosciuti in tutta l’Etiopia, rammenta che la città ora sparita di Giabarda, nell’Ifat, fu una delle loro città sante.
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