Ma il grosso della nazione è rimasto fedele alle pratiche demonolatriche. I Galla credono nondimeno ad un Dio supremo, che confondono col cielo, il Wak, Waka o Wakayo, e lo invocano per chiedergli la pioggia in tempo di siccità e la vittoria sui nemici. Al disotto di questa divinità, seggono altri immortali, uno dei quali, per lo meno, a giudicar del suo nome, pare sia d’origine straniera, Saitan, il genio del male; gli altri sono Boventiccia, genio tutelare della razza; Ogliè, il dio della generazione; Atetiè, la dea della fecondità. Al principio della stagione delle pioggie, i Galla offrono i sacrifici loro al Dio maschio; alla fine dell’inverno, il tempo della raccolta, celebrano le feste della dea. Venerano inoltre tutto che vive o loro s’impone nella natura: le foreste, i fiumi, i boschi, le montagne, la folgore e i venti; ciascuna famiglia ha il suo albero protettore, presso un olivo, al quale dà il nome della Madonna, di Michele o di un altro santo, e che cosparge del sangue delle vittime sacre, che si nutrono di miele e di birra; presso la massima parte delle tribù, i polli sono riservati per le divinità; si uccidono in olocausto, ma non si mangiano(435). Fra gli animali, il serpente, «padre del mondo», è il più venerato e buon numero di capanne hanno la loro lucertola domestica. I Galla del Nord hanno sacerdoti e fattucchieri temuti per i loro incantesimi; si dà loro il nome di Caliscia. Essi pretendono disporre a beneplacito dell’avvenire; fanno vivere od uccidono; chiamano o scongiurano lo spirito maligno.
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