Harar brilla pure tra le città musulmane per l’istruzione dei suoi cittadini. Secondo Maometto Muktar, tutti i fanciulli saprebbero leggere e scrivere in arabo, quantunque quell’idioma sia per essi una lingua straniera, molto differente dalla loro, di origine galla, o di provenienza semitica secondo Burton e Muller; ma scrivono disponendo i loro caratteri verticalmente. Essi hanno una certa letteratura ed i loro autori non si limitano a commentare il Corano. Una delle loro industrie è la rilegatura. Destinata al commercio(451), Harar ha soltanto poche fabbriche, fuorchè per la tintura delle tele, che servono a foggiare le tuniche, del pari che le vesti nere e le mantiglie portate dalle donne, e le vesti rosse riservate alle fanciulle; il vasellame fino dell’Harar è pure assai apprezzato. La maggior parte degli altri oggetti manufatti sono importati dall’Arabia e sono immigranti dell’Hadramaut che forniscono i rosari adoperati dagli abitanti di Harar. Dopo che gli abitanti hanno cambiato la loro indipendenza per il regime egiziano, essi hanno molto perduto del loro benessere; la popolazione è diminuita e le iene gironzano attorno alla città(452). La principale cultura della regione attorno ad Harar e nelle campagne lavorate dai Galla è quella del caffè, la cui bacca di qualità superiore è spedita da Hodeidah e da Aden sotto il nome di «moka». Come gli Arabi del Yemen, gli Hararini non fanno infusione di caffè; bevono un decotto di scorza ed anche di foglie secche. Il tabacco, il papavero da cui si trae l’oppio, i banani, gli aranci, le uve, son pure prodotti delle campagne dell’Harar, e la patata vi è stata di recente introdotta(453); tutti i legumi importati dall’Europa vi allignano perfettamente.
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