Non v’ha luogo di rifugio più rispettato di Debra-Libanos; prima di ascendere i dirupi della sacra montagna, i pellegrini debbono lavare i loro peccati nel fiume di Ziga-Wodiam, che vuol dire «Carne e Sangue», il quale scorre in una gola profonda(462). Una vicina vetta, donde si scorgono, al disopra della valle dell’Abai, i monti del Gogiam e del Damot, ha su di sè un’antica fortezza in cui si rifugiò uno degli antenati di Menelik, quando il Mancino conquistò il paese. Un altro monastero, quello di Zena-Markos, posto a maestro di Liccè, sopra un altipiano circondato da burroni, è di poco men ricco e men frequentato di quello di Debra-Libanos. A settentrione, gli altipiani sono occupati fino a Magdala e nelle vicinanze delle sorgenti del Takkazè dai Wollo o da altre tribù galla. I Wollo, che si dividono in sette tribù, sono immigranti venuti dal mezzodì nel sedicesimo secolo, al tempo dell’invasione di Grañhe. Ma impadronendosi del suolo presero in gran parte le usanze degli Amarici da loro spodestati. Abbandonando la vita nomade, divennero coltivatori e vestirono la tunica, ma conservarono la religione musulmana. Secondo Blanc, pare che serbino ancora in alcuni distretti fuor di mano l’uso di prestar le mogli agli ospiti di passaggio: il Wollo che parte per un viaggio lontano cede la sposa a suo fratello per tutto il tempo di sua assenza(463). Nella parte settentrionale del Wollo, sopra una rupe molto ben difesa dalla natura, il re di Scioa ha fondato la piazza forte di Woreillù, presso i confini dell’Abissinia propriamente detta: quivi il supremo signore Giovanni invita ordinariamente a convegno il suo vassallo.
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