Uno di questi Stati, sugli alti affluenti del Waisa e del Wabi, è il Guraghè, regione delle terre alte che il paese dei Soddo separa dall’Auasch e dal regno di Scioa. Questa provincia di Guraghè è sacra per gli Etiopi, perchè, secondo la leggenda, le cinque isolette che si trovano nel lago Zuai, pare siano le sole parti del suolo che non furono conquistate da Granhe, il terribile Mancino; i suoi soldati non osarono avventurarsi sulla zattere per abbordare l’arcipelago(467). Alcuni conventi, ove pare si conservino antichi manoscritti, sorgono in queste isolette. Tutta la popolazione del Guraghè si dice ancora cristiana, benchè non abbia nè preti, nè chiese, nè dommi religiosi: le basta ripetere alcuni nomi di santi e maledire pagani e maomettani. Ricaduti nella barbarie, quei del Guraghè hanno nondimeno serbato della loro antica civiltà l’arte di costruire dimore molto più eleganti di quelle di tutti gli Etiopi, tranne gli abitanti di Gondar(468). Per difendersi contro i Soddi ed altri Galla che vivono della tratta, quei del Guraghè hanno scavato qua e là dei fossi ove si acquattano quando vedono avvicinare il nemico; lo spiano al passaggio, e spesso l’attaccano all’improvviso; talvolta gli tagliano la ritirata quando essi sono in forza sufficiente. Gorieno è la capitale del paese, e Ghebisso il mercato principale; ma ancor più importante è quello di Mogar, posto più ad occidente, nel paese dei Cabena. Guraghè e Cabena, considerati spesso come appartenenti al medesimo gruppo politico, differiscono totalmente di costumi, di religione e di lingua; i Cabena sono musulmani fanatici, e quando il re di Scioa non vi pone riparo col suo intervento, guerreggiano costantemente con quelli fra i loro vicini che si dicono cristiani: essi sono i grandi provveditori di schiavi pei mercati di Rogé e di Abderasul.
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