Non v’ha contrada in cui i dritti della casa regnante siano protetti da maggiori garanzie legali. Ad eccezione del re, de’ suoi figli e della gente di caste inferiori, troppo spregiati perchè s’abbia a nulla temer di essi, tutti gli abitanti maschi del Giangerò pare siano parzialmente mutilati affinchè un segno materiale attesti la loro incapacità al trono: tale è l’unanime racconto di coloro che hanno dato informazioni al viaggiatore Beke(474). Uno dei mille privilegi del re sarebbe l’uso di certe medicine vietate al suo popolo: gli abitanti del paese, non avendo altro nutrimento animale che la carne di bue, sono tutti soggetti alla tenia, come gli Etiopi del settentrione, ma solo il sovrano l’espelle mercè una decozione di cusso, mentre il volgo dei mortali non può adoprare la «medicina del re», e si contenta di erbe amare. Fra gli altri strani racconti che si fanno su questa misteriosa contrada di Giangerò, i missionari Isenberg, Krapf(475), Massaia, narrano che i sacrifizii umani sono comunissimi nel paese: spesso il primogenito è offerto alla divinità. A tutti i figli maschi, appena nati, dicesi che si taglino i capezzoli, affinchè i futuri guerrieri non abbiano per questo riguardo somiglianza alcuna col «sesso vile». Quando i mercanti di schiavi traggono delle schiave da questo paese, non trascurano mai di gittare in un lago la più bella per rendere il fato favorevole al loro viaggio. Ma raramente si trascinano dietro schiavi maschi, perchè questi preferiscono per consueto il suicidio alla servitù. Spesso il nome di Giangerò è stato per ironia confuso con quello di Zingero(476), che significa scimmie in amarico; e la voce pubblica, sempre avida di cose maravigliose, ha propagato nell’Africa racconti di quadrumani asserviti.
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