Suakin, del resto, ben difesa contro gli attacchi dei predoni, grazie alla sua posizione insulare, dipende assolutamente per il suo mantenimento dal sobborgo del continente, e si è dovuto circondarla di una cerchia di fortificazioni per respingere gli Arabi ed i Begia, sollevati contro il governo egiziano. L’importanza capitale di Suakin, per il commercio e per la potenza politica, è perfettamente apprezzata dai belligeranti; le sanguinose lotte che ebbero luogo nei dintorni, all’ovest presso il campo fortificato di Sinkat e il pozzo di Tamaniè, al sud-est, in faccia alla fortezza di Tokar e nell’oasi di El-Teb, provano quanto sarebbe essenziale al mondo musulmano lo stabilire libere comunicazioni fra la Mecca, capitale dell’Islam, e l’Africa, la sua provincia più vasta, popolata dai fedeli più ferventi. Ma la Gran Bretagna veglia su questa parte del continente africano, ed è lei che, sotto il nome di Egitto, ne prende definitivamente possesso per conquistare il bacino dell’alto Nilo al suo commercio ed alla sua influenza. Sinora i Begia ribelli non hanno potuto avere che relazioni precarie coi loro correligionari dell’opposto litorale, per mezzo di barche sfuggite nottetempo ai piccoli porti africani. Prima che Suakin fosse bloccata dagli Arabi ribelli, i negozianti della città andavano a passare il loro tempo di villeggiatura nella ridente vallata di Sinkat, che si apre a 262 metri di altitudine, tra vulcani spenti e colline di marmo rossastro di una grande fertilità; i declivi sono ridotti a terrapieni, piantati d’acacie e d’alberi fruttiferi.
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