L’esplorazione scientifica di questo paese ha constatato l’esistenza di ottocento pozzi, ma duecento almeno sono completamente a secco durante la metà dell’anno, e parecchi hanno un’acqua salmastra o anche salina; secondo d’Escayrac de Lauture e Matteucci, il prosciugamento generale del paese, da qualche generazione in qua, sarebbe un fatto incontestabile; buon numero di pozzi, che fornivano altre volte acqua in abbondanza, dovettero essere abbandonati(566). La parte annuale delle pioggie, che è in media di 25 centimetri a El-Obeid, un poco più considerevole nelle montagne del sud e minore in quelle del nord, non basta a riempire tutti gli scavi praticati nei bassifondi. Cosicchè villaggi interi sono abbandonati durante la stagione della siccità; appena il dokhn, la sola specie di miglio che riesca in quel clima asciutto, è stato raccolto dai coltivatori, essi discendono verso i pozzi che conservano un po’ d’acqua tutto l’anno e non ritornano ai loro campi che ai primi giorni del kharif. Nelle città e nelle borgate, l’acqua è oggetto di commercio, e verso la fine della stagione della siccità essa talora costa a El-Obeid più cara del vino nei paesi di produzione; nel 1875, un vaso di 5 a 8 litri d’acqua si vendeva un tallero(567).
Malgrado l’altitudine del Cordofan, la temperatura di questo paese è una delle più calde della terra. La stagione dei grandi calori comincia in marzo; allora la colonna termometrica s’innalza di frequente a 40 gradi centigradi all’ombra e l’aria diventa quasi irrespirabile quando la sabbia del deserto viene a infiltrarvisi.
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