Allora il traffico di El-Obeid era molto importante, sovratutto per la tratta degli schiavi che formano, secondo Munzinger, i tre quarti della popolazione del Cordofan; quasi tutte le penne di struzzo importate dal Fôr, passavano per El-Obeid, come pure i tessuti di cotone europei, a destinazione dei paesi occidentali(587). L’esportazione delle gomme era calcolata nel 1881 a centomila quintali, rappresentante più di due milioni di lire italiane(588). Perdendo questo traffico, che dava tutta la sua importanza a El-Obeid, che diverrebbe la capitale del Cordofan, dovesse pure essere scelta come capoluogo del nuovo impero? Dopo la distruzione dell’esercito egiziano, l’isolamento della città non fu più così completo come si può immaginare, e le relazioni furono assai attive per mezzo del Wadai e del Fezzan con Tripoli; ma gli Europei non hanno avuta la consueta loro parte come intermediari di cotesti commerci(589).
El-Obeid non offre l’aspetto di una città compatta: è piuttosto un’accolta di villaggi fra i quali si elevano alcune costruzioni in mattoni, fabbricate «alla cristiana». Attorno al quartiere meridionale, che è la città propriamente detta, quasi tutte le dimore sono semplici tokul, come quelli dei villaggi campestri, capanne costrutte con terra che le forti pioggie sconquassano(590), tuguri di stuoie o di frasche, circondati da siepi di spini per impedire che i cammelli vengano a rosicchiare le stoffe e le corde che trovansi nelle abitazioni. Le popolazioni di provenienza diversa sono divise nei quartieri secondo la loro origine; qui stanno i mercanti gialin o danagla; più lungi sono i Nuba, i Takruri, gli immigranti del Fôr, i Magrabini; prima della guerra, quattro o cinquecento greci avevano le loro botteghe al centro del quartiere meridionale.
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