Antilopi di diverse specie, e struzzi sono pur numerosi nelle steppe vicine; però, gli è nelle provincie del nord che si trovano le pianure predilette agli uccelli da corsa, e di là vengono le più belle penne. Nelle vaste steppe che separano il Cordofan ed il Fôr, i pastori nomadi si dànno due volte all’anno, prima e dopo la stagione delle pioggie, ad una caccia generale. Tutti gli animali domestici della tribù, cammelli, cavalli e buoi, adoperati come cavalcature o come bestie da soma, sono messi in requisizione per il terreno di caccia, dove i bracchieri si spingono in circolo in modo da spingere la selvaggina verso l’entrata di una gola seminata di trappole e le cui uscite son ben custodite. I cavalieri si lanciano sulle bestie prigioniere e le uccidono prima che esse abbiano il tempo di distruggere gli ordigni o di sbarazzarsene; talvolta sino a trecento grossi animali, antilopi, gnù, bufali, sono presi in un sol giorno e la tribù può pagare così le imposte spesso arretrate(608). Nella parte meridionale del Fôr, le formiche bianche o ardhe formano colonie così numerose che foreste intiere sono distrutte da quegli insetti(609). In tempo di carestia, gli abitanti del paese si cibano di termiti, mescolate ai frutti del tamarisco. Dopo il cader del sole, accendono fuochi davanti alle piramidi delle «formiche bianche»; queste accorrono in folla e se ne riempiono casse intiere, «come in Grecia d’uva di Corinto»(610).
La razza dei «Fôriani puri», come li chiamava Mohammed il Tunisino, popola la regione montuosa al centro del paese.
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