Dopo le pioggia, usciva in gran pompa, accompagnato dai dignitari dello Stato e da cento donne giovani e belle, e gettava la semente in un campo appositamente preparato: tutti i suoi cortigiani l’imitavano; poi il popolo seminava a sua volta, ciascuno nel suo campo rispettivo, e quando il raccolto veniva a ricompensare le sue fatiche, gli è al sultano lavoratore che il suddito fedele faceva risalire il suo omaggio. Quasi tutta la regione della montagna è perfettamente coltivata a terrazze e produce cereali e cotone; ma, secondo Ensor, la centesima parte al più dei terreni coltivabili della pianura sarebbe sottoposta all’aratro. L’industria fôriana è poco sviluppata, salvo che per i panieri e per gli oggetti di vasellame: però le stoffe di cotone che si tessono per le tende, sono molto solide e molto apprezzate; le si preferiscono di gran lunga per l’uso a quelle che recano i mercanti di Dongola e che sono di fabbrica europea o americana; questi ultimi tessuti sono principalmente utilizzati come moneta(618); piastre di sale sono pure adoperate come mezzo di scambio.
Dopo l’annessione del Dârfôr all’immensa distesa dei possedimenti egiziani, le relazioni di commercio erano diventate frequenti col Nilo; le carovane andavano e venivano spesso fra El-Fascer ed il fiume per i mercati del Cordofan, oppure direttamente per Dabbeh, al gran gomito del fiume. Dal 1875, il governo egiziano ha fatto persino tracciare una linea futura di ferrovia che segue la via normale, quella che offre il letto dell’Uadi-Melek, generalmente evitato dalle carovane a causa dei pericoli di attacchi(619). Prima della conquista egiziana, quasi tutto il traffico del Dârfôr col resto del mondo si faceva per mezzo della «grande carovana», alimentata da numerose kafilah di minore importanza, partite dalle rive del Tzad e del Niger.
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