I rappresentanti più caratteristici di questi «Arabi» di Nubia e quelli che costituiscono il gruppo delle tribù più numerose, sono i Bisciarini, nei quali si scorgono i Begia per eccellenza, ed il cui nome, leggermente modificato, sarebbe probabilmente quello della intera razza: a 200,000 individui si calcola generalmente il numero di codesti Begia. I Bisciarini hanno di rado un’alta statura, ma sono nervosi, bene proporzionati nella loro magrezza, di una singolare agilità. Il loro colore, molto differente da quello delle popolazioni nigrizie, non ha riflessi nerastri, se non nelle famiglie modificate da incrociamenti di razza; esso è piuttosto rosso, come quello degli Indiani del Nuovo Mondo, e nelle donne che vivono sotto la tenda è poco differente dalla tinta delle contadine della Calabria e della Sicilia. I giovani hanno il volto così dolce e così fine che si confonderebbero facilmente colle fanciulle. Nell’età matura, i lineamenti dei Bisciarini sono regolari, un po’ angolosi; il naso diritto si avanza con marcata sporgenza; la pelle sempre sana e pura, è come tesa sulle magre gote, e spesso le labbra, ritirandosi, scoprono il candido avorio dei denti, imbiancati dalla masticazione quasi continua della radice dell’arak, albero sempre verde che nasce in abbondanza presso Dongola(656); essi non fumano mai. La vecchiaia li raggiunge per tempo; la fatica, la miseria, la sete, la fame rapidamente avvizziscono i loro lineamenti(657). L’occhio dei Bisciarini è vivace, brillante come la brace, ma socchiuso per l’abitudine presa di abbassare le palpebre in faccia alla luce abbagliante, riflessa dalle sabbie; quest’occhio chiuso a mezzo dà alla loro fisionomia un non so che di feroce, e d’altronde buon numero di essi meritano l’accusa di crudeltà. I viaggiatori li dipingono spesso come uomini senza pietà e senza onore; la loro cattiva passione dominante è l’avarizia.
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