La maggior parte dei viaggiatori vanta la loro probità, la loro dolcezza, la loro franchezza; per quanto miserabili, non mendicano come i fellah(663).
Le potenti tribù dei Kababich e degli Hassaniè, che si riversano dai loro domini nel Cordofan e nella penisola fra i due Nili, dove sono troppo alle strette; i Sciukriè, che invadono le steppe al nord dell’Atbara; i Saurat, gli Hauin ed i Geraiad della Baiuda; i Robatat e gli Sciakiè, che vivono sulle due rive del Nilo tra Berber e Dongola e parlano adesso la lingua dei Danagla, completano la popolazione della Nubia. Forse questi Arabi od arabizzati sarebbero in numero di due o trecentomila. Quanto agli immigranti di altre provenienze, essi si sono confusi nella gran massa della nazione barabra, e la memoria della loro origine non è conservata che dalle famiglie aristocratiche, le quali hanno interesse a ricordarsi la loro genealogia; così avviene dei Bosniaci, discendenti dai soldati inviati nel 1520 coll’incarico di ristabilire la pace nel paese. Essi fecero alzare fortezze sulle pendici che dominano il fiume; vi si stabilirono da sovrani e si imparentarono per via di donne cogli antichi capi: ai nostri giorni questi «Kalagi» di Bosnia sono ancora i personaggi di maggior considerazione della bassa Nubia, sovratutto tra Assuan e Korosko, ed è a loro che il governo egiziano affidava l’amministrazione locale.
A valle di Berber, il ritrovo principale delle carovane, Abù-Hamed, occupa una di quelle posizioni dove necessariamente doveva stabilirsi un mercato: una grande città sarebbe sorta in quel luogo, se da una parte e dall’altra del Nilo non si stendesse l’immensità del deserto.
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