Da circa un secolo, i conquistatori dell’Europa occidentale si disputano l’Egitto, centro naturale dell’Antico Mondo e chiave di tutti i possedimenti coloniali sulle rive del mare delle Indie, come scriveva Leibnitz sino dal 1672. L’importanza capitale di questa posizione dominante, non poteva sfuggire agli uomini di Stato: là doveva guadagnarsi la partita, la cui posta è la penisola Cisgangetica. Se gli eserciti della Repubblica francese fossero riesciti a conservare l’Egitto, che avevano così rapidamente conquistato, la era finita per la potenza dell’Inghilterra nell’Indostan; l’eredità del Gran Mogol non sarebbe più sfuggita. Ma dopo la distruzione della flotta francese nelle acque di Abukir, la Gran Bretagna, ripigliando il possesso incontestato delle vie marittime, ridiventava a sua volta padrona dell’Egitto, senza che neppure avesse la briga di conquistarlo; ed i Francesi dovettero abbandonarlo dopo due anni di occupazione. Al conflitto delle armi, succedettero le manovre diplomatiche, le lotte d’influenza tra ministri a Costantinopoli ed al Cairo. All’epoca dell’inaugurazione del canale di Suez, opera francese che apriva ai bastimenti a vapore la via diretta per le Indie, parve che la Francia volesse alla fine esercitare una specie di sovranità sull’Egitto; ma l’Inghilterra, concentrando i suoi sforzi sull’acquisto di quel paese di passaggio, finì per conquistare politicamente l’Egitto, nel modo stesso che si è assicurato il predominio commerciale sul canale dei due mari.
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