Rimpetto a Tor, sulla costa sinaitica, il Gebel-Gareb spinge le sue punte granitiche a 1885 metri d’altezza; è l’ultima gran vetta della catena litoranea, e, secondo Schweinfurth, «la più alta di tutto il deserto arabico»; sembra inaccessibile, tanto le pareti sono dirupate. Al di là si mostrano il Tenaseb, poi il Gebel-Scellalla, che l’Uadi el-Tih, o «Valle della Perdizione», separa dal Gebel-Attaka; ogni gruppo di questi paesi si divide in numerose cime piramidali, i cui contrafforti si tagliano ugualmente a piramide, succedendosi regolarmente da ogni parte intorno al cono centrale(692). Questo gruppo, che non passa l’altezza di 300 metri, ma che deve ai discoscesi declivi disopra dell’istmo di Suez l’aspetto di alta montagna, forma l’estremità settentrionale della catena granitica. Più al nord non si vedono che roccie calcari e dune. I due versanti delle catene sono ugualmente rivestiti di strati di origine meno antica. All’est pendii cretacei si appoggiano in molti luoghi alle montagne granitiche, e costituiscono parecchi dei promontori delle coste; vi si trovano strati di zolfo, come pure sorgenti di nafta e ammassi di bitume; eruzioni basaltiche hanno avuto luogo nel Gebel; se ne scorgono le lave persino nelle vicinanze di Ismailia. I terreni della costa si compongono di grès e di calcari di formazione contemporanea, che racchiudono conchiglie e polipi; frammenti di tests forniscono il cemento delle molecole arenacee; i grès recenti ed i calcari della stessa origine sono interamente formati da quei frammenti commisti.
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