Dalle due parti della campagna verdeggiante e popolata attraversata dal Nilo, la zona delle roccie è pur essa priva di abitazioni permanenti; ma la regione libica più uniforme, senza alte sporgenze di montagne e coperta di sabbia, pare più cupa della zona orientale: essa fa già parte di quel gran deserto che si stende all’ovest sino alle spiaggie dell’Atlantico. Visto dalla piramide di Cheope, quell’altipiano libico parrebbe una semplice pianura disseminata di dune; ma non è che un’illusione ottica, come lo possono constatare i rari viaggiatori che penetrano in quelle tristi solitudini. Nel suo insieme, il deserto compreso tra il Nilo e la depressione delle oasi è un altipiano di calcare nummolitico che raggiunge un’altezza di 250 metri disopra del fiume. I limiti di quell’altipiano sono segnati da scoscendimenti, e la sua superficie è divisa in gruppi distinti dalle antiche erosioni del mare. Frequenti «testimoni», vale a dire rupi di un’altezza uniforme, indicano il primitivo livello della contrada. Senza dubbio il Mediterraneo, prima del periodo quaternario, percuoteva la base di tutti quei promontori e frangeva i suoi flutti in mezzo a quegli arcipelaghi di roccie, dove l’acqua si mostra oggidì solamente in miraggi ingannatori.
La sabbia ricopre intieramente la superficie del deserto di Libia: nelle cavità si ammassa in istrati profondi, sulle sporgenze gira in pulviscoli, ma in pochi luoghi la roccia è affatto brulla; i grani di quarzo la rivestono talvolta della loro tinta gialla o rossastra.
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