A una breve distanza dal Cairo, sul pendìo orientale del Gebel-Mokattam, si vede, se non «una foresta petrificata», come suol dirsi, o «alberi di bastimenti naufragati», pieni di buchi fatti dalle folaghe e coperti di detriti di mare, come pretendevano antichi viaggiatori(696), almeno alcuni tronchi trasformati in fusti di silice o di calcedonia. Ma, inoltrandosi nel deserto, si trovano masse di legname petrificato molto più rilevanti, che effettivamente meritano il nome di «foreste». Al sud-est del Cairo, in una cavità degli altipiani «arabici», i tronchi d’albero grossi e piccoli presentansi in tal moltitudine, che i fusti od i frammenti silicei del legno fossile coprono completamente alcune parti del terreno, ad eccezione di ogni altra pietra. All’ovest delle piramidi, nel deserto libico, altre «foreste petrificate» hanno frammezzo tronchi che misurano più di 20 metri di lunghezza con i rami e le radici, ed in parte ricoperti della loro scorza(697). Finalmente i viaggiatori hanno trovato grosse masse di legno fossile in diverse parti del deserto di Nubia, nel Senar e nel Cordofan, come pure sugli estremi altipiani dell’Etiopia, e, in ogni caso, questi residui vegetali mutati in silice appartengono all’ordine delle sterculiacee; in Egitto sono nicholia nilotica; in una delle collezioni del Cairo trovasi pure una specie di bambù tratto dagli stessi strati.
Di dove provengono questi tronchi di albero petrificati? Alcuni geologi hanno pensato che le onde del mare li avessero portati, quando il Mediterraneo più si inoltrava verso il sud; ma in tal caso non si comprenderebbe come quei legni avrebbero potuto naufragare in sì buono stato di conservazione sulle spiaggie e senza alcuna di quelle organizzazioni marine, vegetali e animali che sono proprie del legno galleggiante; bisognerebbe spiegare inoltre come il trasporto di questi rifiuti abbia potuto farsi al di là di montagne e vallate, sino agli altipiani di Etiopia.
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