La prima oasi, ancora disabitata, è quella di Kurkur, ad un centinaio di chilometri da Assuan; a un dipresso alla stessa distanza verso il nord-ovest si distende la Grande oasi degli antichi, chiamata oggidì Khargeh, come la sua capitale; essa occupa dal nord al sud, comprendendovi le piantagioni di palme di Beris, una depressione lunga circa 150 chilometri; non è un’oasi continua, bensì un arcipelago di piccole oasi, una pleiade di isole coltivate, separate da spazi privi di vegetazione. Poi viene all’ovest l’oasi di Dakhel o Dakleh, vale a dire l’«Interna», egualmente indicata sotto il nome di Uah-el-Garbieh, «l’Oasi Occidentale»; una solitudine calcare, ricoperta in parte da sabbie mobili, la separa dall’oasi di Farafreh, a 200 chilometri al nord-ovest. Il labirinto di roccie che occupa lo spazio tra le due oasi è una delle più strane formazioni di questo genere che vi sia al mondo. Le strette spaccature che serpeggiano incrociandosi sotto angoli diversi tra le masse rimaste in piedi, rassomigliano a vie di una città fantastica, attorniata da monumenti bizzarri, da piramidi, da obelischi, da trofei, da sfingi e da leoni, persino da statue che hanno una vaga apparenza umana. Al nord di questa città senza abitanti, una delle porte naturali ha ricevuto da Rohlfs il nome di Bab-el-Iasmund, in onore di un compatriota. Un porticato vicino, più gigantesco ancora, che si innalza all’entrata del labirinto dalla parte dell’oasi di Dakhel, è chiamato Bab-el-Cailliaud, in ricordo del primo viaggiatore europeo che nei tempi moderni percorresse quelle inospitali regioni.
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