Gli esploratori Cailliaud e Russegger ammettono, al pari degli indigeni, che l’acqua delle oasi sia di provenienza nilotica; però, essendo l’oasi di Dakhel assai più elevata del letto fluviale nella stessa latitudine, bisognerebbe cercare l’origine delle acque profonde nel corso superiore del Nilo; probabilmente provengono dalle regioni del sud, dove cadono le pioggie tropicali. Sia comunque, l’alta temperatura che l’acqua raggiunge nel suo viaggio nascosto prova che il bacino estendesi a parecchi metri disotto del suolo: tutte le sorgenti hanno in media 36 o 38 gradi centigradi, e si utilizzano tanto per la guarigione degli ammalati come per la irrigazione dei campi. Dal 1850 la quantità di queste acque sorgenti è molto accresciuta nell’oasi di Farafreh, grazie ad un uomo intelligente, che, dopo aver viaggiato coll’ingegnere francese Lefebvre, è ritornato nel suo paese per scavarvi dei pozzi e formare ruscelletti di irrigazione; inoltre si ha cura di scavarvi gallerie sotterranee analoghe ai kanat o khariz dell’Iran, per impedire l’evaporazione dell’acqua. Finora non si è osservato che i nuovi pozzi abbiano diminuito in nulla l’abbondanza delle antiche sorgenti; il serbatoio sotterraneo pare inesauribile. Nell’oasi di Beris, al sud di Khargeh, duecento pozzi sono pieni di sabbia; non ne restano che 25 la cui acqua termale (25 a 30 gradi) e moltissimo ferruginosa non si trova che alla profondità media di 60 metri(705); secondo gli antichi autori, alcuni pozzi della Grande Oasi sarebbero stati scavati una volta sino a 200 metri.
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