Alcune assi in legno d’acacia mantengono ferme le pareti del pozzo e permettono di discendere fino al fondo; non è senza pericolo che, durante lo scavo di nuovi pozzi o il restauro di fosse colme, si buca l’ultimo strato di sabbia. Là dove l’acqua cola in abbondanza, a Dakhel, e più ancora a Khargeh, essa si allarga in pantani avvelenati.
Al nord del Bahr-Belâ-mâ e parallelamente agli avvallamenti successivi conosciuti sotto quel nome, si sviluppa, dal sud-est al nord-ovest, una valle più regolare, il cui fondo è occupato da sette stagni senza profondità; essi sono i «laghi di Natron». Quantunque separata dal meandro più vicino al Nilo da un deserto di ciottoli di una larghezza di più di 40 chilometri, la valle di el-Natron è probabilmente alimentata di umidità dal fiume; durante i tre mesi che seguono l’equinozio di autunno, l’acqua di un «rosso-scuro, o colore di sangue», forse a causa degli infusorî che la riempiono, trasuda dal suolo dalla parte orientale della vallata e forma fontane e ruscelletti che scendono verso i laghi. Le acque crescono nei bacini sino alla fine di dicembre e raggiungono un metro o un metro e mezzo di profondità; esse decrescono quindi, e taluno degli stagni rimane all’asciutto. La composizione delle acque lacustri varia secondo i bacini; negli uni domina il sale marino, negli altri il carbonato di soda; il solfato di soda è misto al liquido in varie proporzioni. Due dei laghi tinti in rosso si asciugano attorniandosi di un circolo di sale rosso o bruno, che spande il grato odore delle rose: la decomposizione del sale marino, fatta dal carbonato di calce racchiuso nel terreno umido, produce cristalli di soda che si depositano in uno strato grigiastro e che vengono a raccogliere gli abitanti del villaggio di Terraneh, sulla riva sinistra del Nilo di Rosetta.
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