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      Mentre il modo antico di coltivazione è rimasto lo stesso, e i contadini, regolando il loro lavoro secondo le piene del Nilo, arano, seminano e mietono sempre alla stessa epoca, si servono degli stessi strumenti, raccolgono gli stessi cereali, mangiano lo stesso pane, la nuova agricoltura attinge direttamente l’acqua nel fiume con macchine a vapore, coltiva piante esotiche delle Indie o del Nuovo Mondo, impiega aratri perfezionati, mietitrici, battitrici, sgranatrici; per ingrassare i campi i contadini non hanno che la colombina, fornita loro dai milioni di colombi volteggianti sopra i campi di grano; lo sterco di vacca è sempre utilizzato dai contadini come combustibile, per lo più misto ad escrementi di cammello, mentre gli agronomi fanno venire dall’Europa e dall’America fosfati e guani chimicamente dosati. Le ferrovie passano accanto alla capanna di mota; ponti in acciaio delle più ardite costruzioni attraversano i canali ed i rami del Nilo, mentre altrove il fellah deve attraversarli a nuoto, rotolando la sua tunica a mo’ di turbante al capo, oppure seduto sopra una stuoia di foglie di palma sostenuta da vasi di terra o da zucche avvolte in una rete, o sopra una zattera di fasci d’erba, che dirige facendo vela della camicia(779). Finalmente, in pieno deserto, nelle sabbie e nelle paludi, i fari a luce elettrica, i «soli dei cristiani», rischiarano, fra il Mediterraneo ed il golfo arabico, quella via navigabile, la quale, anche nella nostra epoca di lavori giganteschi, è l’opera più notevole dell’industria umana.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume X parte I - L'Africa settentrionale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1887 pagine 1017

   





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