Secondo Hartmann, il tipo dei Fungi si riconosce nel modo il più preciso fra le figure dei prigionieri etiopi(801).
La Tebe della riva sinistra era più la città dei morti che quella dei vivi; però la parte della pianura dove il terreno incomincia a rialzarsi verso i dirupi libici è pure assai ricca di monumenti che d’altronde hanno un carattere funerario. Un rialzo del suolo, che porta il nome arabo di Medinet-Abu, è coperto di templi dove si trovano quadri storici, dipinti o scolpiti, raffiguranti con una precisione straordinaria i tipi ed i costumi dei popoli vinti, Ittiti, Amorrei, Filistei, Teucri, Danai, Etruschi, Sardi, Etiopi, Arabi, Libi; una volta che sia sbarazzato, il tempio di Medinet-Abu, il «libro delle conquiste e delle vittorie di Ramsete III, il padrone della spada sulla terra», sarà il più completo, il più interessante ed il più prezioso di tutti i santuari dell’Egitto(802). Là presso si innalza il tempio quasi greco di Deir-el-Medineh, eretto da Tolomeo Filopatore, ed il Ramesseum, col suo portico trionfale ornato di quattro colossi decapitati: è l’edificio descritto da Diodoro sotto il nome di «Tomba di Osimandia»; in un cortile del tempio giace infranta la statua di granito rosa di Ramsete II, un gran blocco monolite di 17 metri di altezza, che pesava oltre a mille tonnellate, più della più pesante pietra dei templi di Balbek, ma un terzo meno del masso erratico sul quale posa la statua equestre di Pietro il Grande. Fra il Ramesseum ed il tempio di Medinet-Abu si innalzavano vari colossi; due solamente sono ancora in piedi quelli che diventarono così famosi nell’antichità sotto il nome di «colossi di Memnone», e che rappresentano in realtà il Faraone Amenotide II seduto nella posa ieratica colle mani distese sulle ginocchia.
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