Al nord-ovest, il gran sobborgo industriale di Bulaq, che un ampio viale fra nuove costruzioni riattacca alla città, si prolunga lunghesso la riva destra del Nilo colle sue catapecchie barcollanti; nel 1883 gli Inglesi, per paura del cholera, sgombrarono completamente quel sobborgo; in una notte tutta la popolazione fu trasferita sotto la tenda, presso le cave di Torah, in faccia alle piramidi. Le mura del Cairo furono in gran parte distrutte ed oltrepassate dalle costruzioni; esse non sussistono più che all’est ed al sud ove si appoggiano ad ammassi di rottami; le scogliere del Gebel-Mokattam, tagliate dagli scavi, si avanzano sino all’angolo sud-est della città, e il loro promontorio estremo regge la cittadella. Dall’alto di quella rocca, fiancheggiata da mura di sostegno, si ha tutta la città ai piedi, coi suoi minareti e le sue cupole, gli edifici variopinti, i suoi giardini ed i suoi alberi. Attorno a questa città dai vivaci colori, dalla quale salgono incessanti clamori, si stende la pianura grigiastra e silenziosa che le piramidi vigilano da lungi.
Il Cairo era stato costruito in riva al Nilo, ma il fiume si è spostato dal decimo secolo in poi, e non è molto la città era separata dalle acque fluviali da una zona di boschetti e di giardini larga da uno a due chilometri; soltanto uno stretto canale, il Khalig, a secco durante parte dell’anno, attraversa la città in tutta la sua lunghezza. Un altro canale, l’Ismailieh, largo e scavato a una certa profondità per aver acqua in ogni tempo, passa al nord-ovest della città per dirigersi verso Suez per l’Uadi-Tumilat.
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