Gli eleganti Barberini in lunga camicia bianca, i Beduini fieramente ammantati nei loro cenci, i Negri di ogni provenienza, portanti sul volto le cicatrici distintive della loro nazione, si mescolano agli Egiziani vestiti della stambulina ufficiale e coperti del tarbuscio, agli Europei di ogni paese, più o meno fedeli al costume occidentale, ai soldati di tutte le armi, in elmo, in chepì, in turbante, con acconciature di piccole bende come se ne vedono nelle statue antiche. Seguitati dai loro piccoli guidatori che gridano e si dimenano, gli asini ed i boricchi, gloria dell’Egitto, trottano lestamente, per quanto pesante e lungo sia il loro cavaliere; capi militari o ricchi stranieri passano su cavalli arabi dalla larga groppa, dal baldanzoso aspetto; le vetture eleganti attraversano rapidamente le onde della folla, precedute da un sais o corridore, vestito all’albanese, rabescato d’oro e di seta, armato della verga tradizionale, della quale si serviva un tempo per frustare le persone troppo lente a trarsi da parte. Talvolta, dominando la folla come un mago di Rubens, un capo negro, sontuosamente vestito di seta bianca e rossa, colla cintura scintillante d’armi damaschinate, appare montato su di un cammello gigantesco, spiegando tappeti ricamati e gualdrappe di velluto a frangie d’oro.
Adesso è quasi senza esempio che gli stranieri, a meno che non si comportino villanamente, siano insultati dai fanatici, anche nei pressi della moschea di El-Azhar, dove risiedono gli zelanti più ferventi dell’Islam.
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