Però essa non è situata allo stesso luogo della Tamiathis dei Greci. Questa si trovava vicinissima alla bocca fluviale, sulla riva occidentale; immediatamente dopo il viaggio infruttuoso tentato da Luigi IX, il sultano Bibar la fece demolire e trasportò tutti gli abitanti a una diecina di chilometri a monte, in un luogo meno accessibile alle navi, vicino ad un gomito acuto del fiume, facile a difendersi contro una squadra. La nuova Damietta fabbrica stoffe diverse e fa un abbondante commercio di riso, di sale, di pesci, ed i piccoli padroni di barche di cabotaggio della Siria, dell’Asia Minore, del mar Egeo vengono a cercarvi viveri in compenso di merci diverse(860); ma l’entrata dal porto è pericolosa; talora le onde impediscono durante giornate intere alle navi di penetrare nel fiume. La gran moschea di Damietta, innalzata da Amru, e notevole per la ricchezza e la varietà dei suoi marmi, deve la celebrità eccezionale di cui essa gode alla colonna «miracolosa» coperta di sangue coagulato e di bava disseccata; secondo la tradizione, tutti gli ammalati che vengono con fede a leccare la pietra sinchè il sangue sprizzi dalla lingua, possono essere sicuri della loro guarigione. Però la storia recente di Damietta prova a sufficienza che per evitare le epidemie, meglio avrebbe servito lo sbarazzarsi delle immondizie che ingombrano le strade della città. Al sud-ovest di essa, nella pianura spesso inondata che si stende verso il lago di Burlos, trovasi un altro «luogo di miracoli», ma compiuti da un santo cristiano e non da agì musulmani: è il convento cofto di Setti-Damiana, la «Madonna Damiana».
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