I quartieri della città, che furono un tempo i più splendidi, presentano ancora, due anni dopo la catastrofe, un compassionevole aspetto; i mattoni, residui informi delle case rovinate, sono stati accumulati sui lati delle strade in mucchi enormi, di dove l’acre pulviscolo di calce si solleva a nugoli; in molti luoghi, dove l’opera di distruzione fu completa, pare di essere non in una città ma in una cava. Lo stato di incertezza ansiosa, nella quale vive la popolazione commerciale di Alessandria, e la rovina della maggior parte dei proprietari che attendono indarno le indennità promesse, hanno molto ritardati i lavori di ristauro. Le lastre dei marciapiedi e le pietre di Alessandria sono state importate dall’Europa.
Gli è ad Alessandria, e non al Cairo, che venne fondato il principale stabilimento scientifico della valle del Nilo, l’Istituto egiziano; pare che si siano volute riannodare le tradizioni: si è ricordato che Alessandria fu già un tempo il «cervello dell’umanità», e che là si fondò con Plotino, Proclusio, Porfirio, Giamblico, la scuola d’Alessandria, grazie alla quale si fece tra gli Orientali e gli Occidentali, tra le Indie, l’Egitto e la Grecia, quell’alleanza di miti e di idee, onde nacquero la filosofia e le religioni moderne. Ma la città egiziana non ha trovato la sua gloria come città delle scienze e delle lettere; essa è prima di tutto una città commerciale. Più del terzo degli scambi dell’Egitto col resto del mondo si fa per mezzo di Alessandria; prima che il canale di Suez fosse aperto, essa possedeva il monopolio della navigazione coll’Occidente(866); nel 1866, anno della sua massima prosperità, determinata per contraccolpo dalla guerra civile americana, le sue esportazioni ammontarono a più di mezzo miliardo di franchi.
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