Al modo stesso che nel demanio agricolo, in cui si vede l’antico metodo di coltivazione dei tempi dei Faraoni continuarsi senza modificazioni a lato dei procedimenti moderni importati dall’Europa occidentale, al modo stesso, accanto ai mestieri ereditari lasciati dagli antichi Retù, e costituiti in corpi le cui usanze sono mantenute dai capi, l’industria egiziana offre i metodi introdotti dai conquistatori, specie arabi, ed ha ora potenti manifatture dirette dagli ingegneri occidentali; dovunque si ritrova il contrasto fra un Egitto faraonico, immutabile nelle sue forme, ed un Egitto nuovo, appartenente al mondo europeo, così mobile nelle sue evoluzioni. La principale industria d’origine retù è quella del vasellame, per la quale il fango del Nilo e degli uadi fornisce sempre in sovrabbondanza la materia prima; sulle rive del Nilo si vedono case intiere costruite di limo, che sostituisce i mattoni(879). Le industrie importate dagli Arabi sono le stesse che in tutti gli altri paesi musulmani: selleria, calzatura, fabbricazione dei tappeti, calderai, damaschineria, oreficeria. Il lavoro del ferro è senza importanza; gli utensili di questo metallo vengono dall’estero. L’Egitto non ha miniere di ferro, e nei primi tempi non conobbe altro minerale ferruginoso se non quello degli areoliti. Il nome «materia del cielo», che essi usavano per indicare il ferro, sembra provare che immaginavano il firmamento come una vôlta di metallo, dalla quale alcuni frammenti si staccavano talora per cadere sulla terra(880).
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