A destra, la penisola di Gherrar e quella di Abd-el-Cader. A Gherrar hanno sede, in grandi baracche, che formano come un bel villaggio, il comando di un battaglione di fanteria, una compagnia del genio, una d’artiglieria, un plotone di cavalleria, i magazzini del commissariato militare e d’artiglieria. Abd-el-Cader è sede di una compagnia che presidia il forte eretto a difesa dell’istmo; all’estremità della penisola, si trovano un piccolo cantiere ed i magazzini della marina, disposti entro un vasto recinto quadrangolare, avente a ciascun angolo una torricella per guardia e difesa. Ras Mudur a sinistra dello spettatore, e Abd-el-Cader, a destra, chiudono l’ingresso del porto. In fondo a questo quadro, cui dà risalto il verde intenso del mare, campeggia, al sud, il monte Ghedem, alto 1,200 metri, che si avanza a promontorio fra il golfo di Massaua e la baia d’Archico; di fronte, una successione di colline che s’innalzano fino alle prime montagne dell’Abissinia.
La città di Massaua, dopo l’occupazione italiana, aumenta, si va trasformando, si ripulisce, prende aspetto civile. Cresce il numero degl’indigeni delle circostanti tribù, che accorrono a comprare e a vendere, certi di trovare piena sicurezza e retta amministrazione. Il lavoro abbonda, il prezzo della mano d’opera ha raddoppiato e triplicato; si aprono caffè, botteghe e magazzini. Un greco ha costruito un albergo, che toglierà dall’imbarazzo gli Europei, i quali, arrivando a Massaua, non sapevano dove alloggiare. Le capanne, che occupavano gran parte dell’area abitata, cedono il posto alle case in muratura, con pietra presa generalmente nell’isola Dahlac.
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