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      Ma essa non avrebbe avuto vigore nel territorio di Assab, ed i reati di tratta che vi si fossero commessi sarebbero in gran parte sfuggiti alla sanzione delle nostre leggi penali, le quali prevedono soltanto il reato commesso da navi di bandiera nazionale e non fanno parola (nè poteva essere altrimenti nel tempo in cui fu emanato) della tratta eseguita in acque italiane da navi con bandiera estera, nè del traffico degli schiavi per la via di terra. A questa lacuna si è rimediato con la promulgazione di un decreto reale, in data 13 maggio 1886, col quale, rispetto al territorio della colonia d’Assab, nei suoi confini e nelle sue dipendenze, vien determinata la natura del reato di traffico degli schiavi, in relazione all’articolo 2 della convenzione anglo-egiziana, ed è stabilito che il tribunale militare di Massaua è competente a conoscere e a punirlo. Per conseguenza, in qualunque punto dei territorî da noi occupati sul mar Rosso si commetta il reato di tratta, esso è giudicato e punito in modo uniforme.
      La tratta che si fa nel mar Rosso, quella almeno che può farsi eludendo la vigilanza italiana ed Inglesi, si compie per lo più con barche di Ghedda, che vanno a caricare gli schiavi sulla costa africana e li trasportano su quella d’Arabia. Gli scali della costa africana erano, e sono in gran parte, altrettanti luoghi d’imbarco per gli schiavi che vengono portati dall’interno, per lo più dai paesi dei Galla. I trafficanti attendono in questi scali, lontano dei villaggi, quando vi è sospetto d’essere scoperti, il momento propizio per farli passare in Arabia e nel golfo Persico.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume X parte I - L'Africa settentrionale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1887 pagine 1017

   





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