La notizia che si era felicemente iniziata, per questa via, una corrente di scambi fra l’interno e la costa, suonò gradita al ceto commerciale egiziano, i cui traffici furono interrotti dal blocco del Sudan, e che è pronto a riannodarli per la via di Massaua. Anche le autorità egiziane ed inglesi in Egitto, visti alla prova i risultati della nostra politica a Massaua e della loro a Suakim, hanno cominciato a convincersi che il miglior mezzo di guadagnarsi gl’indigeni è di allettarli con la prospettiva dell’interesse, e che non si avvia il Sudan ad una pacificazione, sequestrando le popolazioni e spingendole a gettarsi per fame in braccio ai ribelli. I paesi di Ravaja e di Haghig sul litorale, l’uno al nord, l’altro al sud di Suakim, erano stati abbandonati dagli Egiziani all’avanzarsi della ribellione; le autorità anglo-egiziane di Suakim fanno ora il tentativo di aprirvi un mercato coll’interno. A Ravaja è stato stabilito un presidio militare per sicurezza; i negozianti di Suakim sono stati eccitati a trasportarvi i loro commerci; il bestiame proveniente dagli altri punti della costa è stato esentato da ogni diritto doganale.
Eccetto i vapori dello Stato o noleggiati dal governo, nessun altro piroscafo italiano tocca finora Massaua. I vapori della Navigazione generale italiana, addetti alla linea delle Indie, vi approdarono per pochi mesi all’andata e al ritorno; dopo l’avvenuto incaglio di alcuno di essi presso Massaua, quell’approdo fu soppresso fino dal settembre 1886. Toccano, invece, Massaua i piroscafi di due linee estere: della Società egiziana chediviale e del Lloyd austro-ungarico; ciò che conferma il dubbio che tra noi manchi l’iniziativa privata.
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