La via, che venne scelta dopo lunghe discussioni, non fu fortunata. Però il Marno aveva mostrato quante difficoltà presentasse la via di Fadasi, e più tardi Gessi e Matteucci dovevano imparare a loro spese, essere pressochè impossibile di arrivare a Caffa da quella parte. Invece quella scelta era la via consueta delle carovane etiopiche, e bastava cercare il porto, che ad Aden venisse giudicato più sicuro dagli assalti degli Adal e dei Somali, e dalle conseguenze dell’anarchia in cui si trovava l’Abissinia. «Lasciata la via dell’ovest niliaco – così suonavano le prime istruzioni – battuta già dal Miani, dal Piaggia, dall’Antinori, illustrata testè dallo Schweinfurth, e per tanti anni rifrugata dalle carovane mercantesche degli Arabi e dei fratelli Poncet, nè volendo trascinarci come lo sciacallo dietro il leone, sulle orme e alla retroguardia delle grandi spedizioni militari che risalgono il Nilo, noi abbiamo scelta la via inconsueta dell’est, scendendo dallo Scioa, che riguardiamo come la nostra stazione iniziale e tirando verso i laghi equatoriali, coll’avvertenza di tenerci sull’alto, quasi a costeggiare l’orlo orientale della gran conca niliaca, e a verificare se le grandi cuspidi del Chilimangiaro e del Chenia faccian nodo o catena tra le spiaggie declinanti all’Oceano indiano e l’altipiano dei grandi laghi, se spingano un braccio verso le Alpi abissiniche, e se il Gogeb corra al mare indiano o pieghi invece a perdersi nel Nilo o in qualche lago niliaco. Questa via fu scelta perchè nuova, perchè dubbiosa, perchè intentata.
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