Nello Scioa erasi frattanto recato il conte Pietro Antonelli, che potè studiarne diffusamente le condizioni, fare alcune escursioni nei paesi galla, e illustrare le varie strade seguite dalle carovane. Nel 1881 percorse per il primo, coll’ingegnere Ilg, il paese fra Antottò ed Imbabò, nel Gudrù, e visitò fra i Meccia Galla un territorio ubertoso e amenissimo, traversando torrenti sconosciuti e vergini foreste, e compiacendosi della mitezza del clima, e della buona accoglienza degli abitanti. Uno dei suoi viaggi più importanti fu però quello tra Assab e lo Scioa, che nel ritorno compì in breve tempo, mostrando l’opportunità di quella via. Altri viaggi importanti compirono, tra i Galla e nell’Abissinia, Gustavo Bianchi, Pellegrino Matteucci, e vari delegati della Società milanese per ragioni di scienza e di commercio. Ma sempre mancò loro una sufficiente protezione; l’esempio dell’emiro di Zeila era stato contagioso, e pochi anni dopo veniva dapprima fatta a pezzi la spedizione condotta da Giulietti, presso Beilul, e la stessa sorte toccava a Bianchi, mentre con Diana e Monari tornava dall’Abissinia.
Poco dopo liberato il Cecchi della sua prigionia, quelle regioni, e se n’ebbe confusa notizia, vennero corse e soggiogate da un generale di re Menilek, Ras Gobanà, e colla conquista mutarono anche le condizioni di coloro che s’accingevano a percorrerle. Imperocchè se sino allora il venire dallo Scioa era cagione anzi di sospetto e di naturali diffidenze, diventava adesso quasi un passaporto.
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