Vinti in guerra, i Galla dovevano ben guardarsi da tutto ciò che potesse ridestare le ire del vincitore: lo stesso Cecchi narra che i nativi consideravano l’invasione di Ras Gobanà come un effetto immediato dei maltrattamenti da loro usati ai viaggiatori italiani. Di questa mutazione profonda ci dimostrarono, infatti, le favorevoli conseguenze i viaggi compiuti nel sud dello Scioa, e in tutta l’Etiopia meridionale dopo il 1880, specie da Franzoj, Aubry, Soleillet, che trovarono dovunque, non solo aperte le vie, ma accoglienze ospitali ed aiuti.
Senonchè per qualche anno era lecito dubitare che le nuove conquiste di re Menilek fossero veramente definitive. In tutta l’Africa centrale sono frequenti le incursioni guerresche fatte a scopo di catturare schiavi, di atterrire o punire vicini incomodi, le quali non lasciano alcuna durevole conseguenza. E non di rado avviene altresì che, se l’incursione si trasforma in stabile occupazione, se i capi delle tribù vinte sono costretti a pagare un determinato tributo annuale, le ribellioni si fanno frequenti, e mantengono il paese in uno stato di perpetua agitazione. Re Menilek aveva appunto fatto anche negli anni precedenti incursioni predatrici, ed assoggettate tribù che gli si erano subito ribellate, ma questa volta egli mostrò una singolare avvedutezza ed uguale prudenza. Provvide, infatti, non solo alla conquista, ma ad assicurarla ed allargarla successivamente, per guisa da disegnarsi un vasto regno nell’Etiopia meridionale. A tal uopo, in sulla fine del 1885, Menilek aveva già messi da parte quei regoli pretensiosi e i capi loro, sostituendo loro i più fidi generali amarici con presidii scioani.
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