Percorse trionfalmente il regno, perdonò ai ribelli, colmò di onori Gobanà, che aveva cercato di resistere ad uno di essi in di lui nome, e ristabilì la tranquillità nel regno, provvedendo sopratutto a tenere in rispetto i Galla, che minacciavano sui confini, imbaldanziti da ogni interna discordia dei loro vicini. Ma a Menilek giovò sopratutto la guerra mossa dagli Inglesi nel 1868 a re Teodoro, in quella che si preparava a ristabilire la sua supremazia nello Scioa. Dopo la presa di Magdala, i vincitori divisero gli Stati amarici tra la regina degli Uollo-Galla e un Degiac, che fu poi l’imperatore Giovanni Kassa, e i principi scioani prigionieri tornarono nei loro paesi. Re Menilek prese animo e ardire, volse subito le armi contro i Galla, e insuperbito dalle vittorie e dall’augurio che aveva preceduto la sua nascita, maturò l’idea di spingersi a Gondar, e farsi proclamare egli Negus Neghest dell’Etiopia, scacciandone colui che vi era stato posto dagli Inglesi. Ma la defezione di alcuni capi, le continue insurrezioni dei Galla, le vittorie di Johannes, lo avrebbero ridotto un’altra volta a mal partito, se costui, fattosi ormai imperatore dell’Etiopia, non fosse stato costretto a muovere contro agli Egiziani. Pure la stella di Menilek volgeva al tramonto. Salvato due volte per fatto non suo, in questa occasione vide invece lo Scioa cadere nella più confusa anarchia. Fin lo zio Masciascià, fin la sua prediletta concubina Bafanà, alla quale aveva pur tanto sacrificato, tentarono di volgergli contro le armi dei capi più potenti e degli stessi Galla sempre mal domi.
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