Sul campo di battaglia sono tutti del pari valenti e ferocissimi. Non combattono solo i loro nemici ereditari: Suaheli, Negri, Amarici, si guerreggiano tra loro, per avidità di bottino, specie di schiavi. Pare che la comune origine e la lingua non giovino affatto a collegarli fraternamente, e non solo guerreggiano tra loro le tribù, ma le famiglie, per rapirsi donne e fanciulli. Parecchie tribù che vivono nello Scioa, disciplinate da Ras Gobanà, mossero con lui alla conquista dei loro fratelli di razza, a profitto degli Amarici. Armi loro sono la lancia, la sciabola e lo scudo, e combattono generalmente a cavallo pronti all’assalto come alla fuga. Andare a piedi, persino a cavallo di un mulo è considerata come una umiliazione: Menilek costrinse appunto lo zio Masciascià a seguirlo a cavallo d’un mulo in una spedizione contro i Galla, per punirlo con cotesta vergogna. Vestono un pezzo di stoffa di cotone, cui i più agiati aggiungono un mantello svolazzante; si ungono di burro, specie i capelli, accomodati in treccie con molta cura. Portano alle braccia anelli, gli uomini di avorio, in numero uguale ai nemici uccisi, le donne di stagno o di rame, e collane di conteria, poi, a profusione. Le capanne dove abitano hanno forma rotonda, a cono, e tetto di erbe, e sono diverse secondo la condizione sociale della famiglia, che si conosce specialmente alla grandezza della capanna. Le donne attendono specialmente alla coltura delle api, filano il cotone, accudiscono alle domestiche faccende, e sono generalmente assai maltrattate.
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