Questa è l’assemblea nella quale si elegge l’ajù, capo supremo della tribù, custode e vindice delle leggi del paese. Dopo la sua elezione, i capi inferiori ed egli medesimo fanno la confessione generale dei loro peccati davanti alla popolazione del villaggio, poi sacrificano un toro, la cui testa viene messa dall’ajù sulla propria, facendosi manto della pelle e andando così in processione alla testa della tribù.
Sull’origine di questi Galla è un po’ difficile avventurare precisi giudizi. Il Cecchi mette innanzi l’ipotesi che essi possano scendere dalla tribù araba Beni-Asd, notando specialmente la concordanza di caratteri fisici e più di qualità morali tra i Galla e gli Arabi prima di Maometto. Il Wichmann, che non fu avaro di elogi al lavoro del Cecchi, avverte però che questa opinione non ha sufficiente fondamento etnologico e filologico, sebbene rechi un nuovo e prezioso elemento in una discussione difficile e oscura. I più antichi ricordi dei Galla, onde favellano le confuse ed incerte tradizioni, non vanno oltre il secolo decimoquinto; certo soltanto a quell’epoca essi vengono a contatto coll’Abissinia, e per ciò ne parlano le cronache di questo paese. L’iscrizione greca di Adulis accenna però anche ad essi, in sulle origini dell’êra nostra. Ma forse le invasioni dei Suaheli, l’urto degli Arabi quando si affacciarono ai litorali, spinsero i Galla addosso all’Etiopia, di cui occuparono permanentemente la parte meridionale. Nella celebre carta di frà Mauro, al disopra dell’Abai e dell’Auasi (Hauash) è disegnato un fiume, il quale corrisponde al Giuba, e nel suo corso inferiore è chiamato fluvio di Galla.
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