Cotesta dinastia venne nel paese nel modo che è narrato da una curiosa leggenda, cui si riferisce la legge vigente nel Caffa, che serba ai soli uomini d’arme la carne di gallina, alle donne i cavoli, condannando a schiavitù coloro che mangiassero il cibo vietato, perchè Mingiò diventò re per aver mangiata la testa di un pollo, gettatagli nelle cucine reali, mentre vi era tenuto in ischiavitù. La Corte di Bonga, dove non possono entrare genti difettose o malate, è un vasto recinto, dove sorgono alcune capanne di legno e bambù; l’imperatore dà udienza all’aperto, dietro ad una cortina, che gli consente di vedere senza venir profanato dall’occhio dei sudditi. La giustizia è resa, o piuttosto venduta nei distretti dai governatori, per le piccole controversie, nei casi più gravi dall’imperatore. I redditi della giustizia, quelli delle terre imperiali, coltivate all’uopo anche dai liberi, e le pochissime tasse bastano alle spese dello Stato. Le pene sono severissime: morte, mutilazioni, torture. Il nuovo re è eletto dai consiglieri, nella famiglia del defunto, i cui membri tengonsi nel frattempo incatenati, proclamando poi insieme il morto e il successore: il re è morto, viva il re. Il cadavere si trasporta con gran pompa nella provincia dove si trovano le tombe degli antenati, e gli sacrificano buoi, tori e, dicono, anche uno schiavo, perchè continui a servirlo. Alla cura dei malati attendono gli stregoni, con certi rimedi empirici, che abbreviano le malattie, ma per lo più colla morte.
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