Ivi da 10 a 15 chilogrammi di caffè in guscio si pagano con sale o piccole conterie bianche, rosse e nere di Venezia, sì che viene a 1,50 e anche meno. La produzione annua è computata a 350,000 chilogrammi, ma potrebbe essere dieci o venti volte maggiore ed estendersi a tutti i paesi vicini, se l’opera del fiacco e indolente cultore fosse diretta da emigranti europei. Cecchi crede che tutto si presterebbe a fare del Caffa la stazione nazionale dei nostri commerci; «nelle sue terre la scienza agraria e la geografia si unirebbero per soggiogarvi concordi il suolo, il clima e gli abitanti. I quali di pigri e indolenti, dovrebbero farsi lavoratori; cangiare i loro patriarcali costumi mano a mano che aumenterà la ricchezza del paese, sentire i nuovi bisogni, e domandare, per appagarli, all’industria europea i suoi prodotti, in cambio della materia prima che essi forniscono».
Il Caffa è pure il paese che proda la maggior quantità di zibetto, sostanza odorosa fornita dalla viverra civetta, piccolo carnivoro, feroce, grande come una volpe, comunissimo nelle foreste. Il peso di un tallero si vende al prezzo di uno a tre sali, foggiati come si usano nell’Abissinia: durante la stagione delle pioggie si può averne per un prezzo variabile da 27 a 51 lire nostre il chilogramma: un guadagno enorme per chi sappia guardarsi dai numerosi e facilissimi inganni. L’allevamento delle viverre è fatto con grande arte e con cure infinite: basti dire che sono nutriti con carne cruda di bue, cosa possibile solo in quei paesi dove costano meno che un buon pollo tra noi.
| |
Venezia Caffa Caffa Abissinia
|