Hanno grande ricchezza di piante aromatiche; la radice dello zingibil, le achene polverizzate dell’abesud, il chefò ed altre, dànno salse e condimenti eccellenti. Il miele è abbondantissimo, di molte qualità, e si ha per vile prezzo: il migliore serve a fabbricare l’idromele per la Corte: fermentato per un mese e mescolato a quattro parti d’acqua dà una bevanda stimolante e gustosissima; se la fermentazione viene protratta per più mesi, e vi si mescoli un po’ di pepe indiano e di garofani, inebria assai facilmente. Hanno gli abitanti grande ricchezza di animali, buoi, vacche e capre, e attribuiscono molta importanza alla prosperità loro. Il bestiame è bellissimo, sia pel cibo squisito delle abbondanti ed estese praterie, sia per le regolari dosi d’acque nitrose che fanno loro bere gli indigeni.
L’industria, per quanto limitata, ha pur raggiunto un grado di sviluppo maggiore assai di quello che presso le tribù indipendenti. Estraggono il ferro, alla maniera degli Scioani, e sanno prepararlo nei loro forni per foggiarne poi lancie, coltelli ricurvi, rozze accette, zappe, falci e vomeri per i loro aratri primitivi. I legnaiuoli costruiscono sgabelli, tavoli, porte adorne di bizzarri e fantastici intagli. Gli orefici, educati dagli Arabi, fabbricano anelli, pendenti, braccialetti ed altri ornamenti, in filigrana d’oro e d’argento, con discreto gusto artistico: però l’oro non può essere portato e posseduto che dalla famiglia reale. Gli schiavi vestono solo di pelli di bue, ma il Galla libero veste sfarzosamente di tela, e porta brache corte, corsetti ricamati, o adorni d’arabeschi e di trine con molta eleganza.
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