Anche due colline del paese sono molto venerate, perchè vi dimorarono due profeti; le loro dimore sono ora in rovina, ed accolgono solo enormi serpenti, mantenuti dai Galla con birra e con sangue di capra, che offrono in olocausto quando sono malati.
L’ultima conquista di Menilek, che accennerebbe ad un ampliamento dei suoi dominii verso il litorale, è l’Harar. Questo paese, che fu, se non teatro, cagione del funestissimo eccidio della missione Porro, solo a questo titolo è tristamente conosciuto dagli Italiani. Riccardo Burton, Mohammed, Paulitschke, Giulietti, Antonio Cecchi, Romagnoli, lo visitarono e descrissero diffusamente in varie epoche, sì che ne abbiamo notizia come di pochi altri Stati africani. La città capitale, a 1,835 metri d’altitudine, si mostra quasi monumento biancheggiante da lungi, in mezzo a giardini dove l’occhio, stanco della monotonia del deserto, si riposa fra gli agrumeti, i banani, i melagrani, ed altre piante coltivate con grandissima cura. Da 32 a 42,000 abitanti, d’origine etiopica, benchè mescolati ad elementi galla, somali, arabi, vivono dentro a case basse di pietra, od a capanne di fango e di paglia. Dal monte Hakim, che domina la città, scendono vari corsi d’acqua, ed anche i monti circostanti sono ricchi di fresche sorgenti. Fondata nel maggior fiore dell’impero etiopico, Harar cadde in potere del sultano di Adel nel 1521. Ebbe sultani propri sino al 1875, quando gli Egiziani vennero occupando tutto il litorale, e provvidero alla sicurezza dei commerci ed al governo di quella regione, mantenendo nel capoluogo una guarnigione di 5000 uomini.
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