Questo camiciotto è di cotone bianco, per le musulmane rosso, di cotonina finissima di manifattura indigena, o, se si vuole averlo più ricco, di calicot finissimo che viene dalla costa, o di seta bianca. La guarnizione consiste in ricami in seta, a colori vivi, di rosso, di giallo, di turchino ai polsi, ed al giro del collo fino a mezza camicia: i disegni sono per lo più al collo ed ai polsi, a pizzi più o meno lunghi ed al petto ed alla schiena a grandi croci greche. Il prezzo di queste camicie, dalle più semplici del costo di 3 talleri, arriva alle più ricche, di 15 e 20 talleri. Il camiciotto viene fermato alla vita facendolo cadere a pieghe regolari dalla lunga cintura identica a quella degli uomini. Portano brache lunghe almeno due volte la gamba, e strettissime da farvi con pena passare il piede, che parimenti sono guarnite di ricami in seta dal collo del piede al ginocchio: il prezzo varia dai 2 ai 10 talleri. Lo sciammà è identico a quello degli uomini, i burnù parimenti, meno proprio le ricchissime che hanno dei burnù di raso azzurro, ricoperti interamente di ricami in tela a più colori, frammischiati a fili d’oro. Questi ricchi burnù, del valore di 20 talleri almeno che portano le grandi signore, sono usati pure dai grandi capi del clero e dei conventi. Presso le donne del popolo il vestiario si riduce ad una camicia di cotone ordinario di un tallero, ad una cintura di 2 talleri e raramente ad uno sciammà parimente di un tallero. I prati o depterà (dottori), vestono come gli altri, salvo uno spropositato turbante sulla testa, fatto con 10 metri e più di velluto bianco.
| |
|