Il modo di acconciare i capelli è identico per i due sessi; le pettinature più usate sono a piccole treccette piatte, in numero di 25, che a 4 centimetri dalla fronte portano indietro, disegnando la forma del cranio, e terminano allacciate alla nuca, formando un mazzetto di treccette staccate, che appena coprono il collo; i capelli del davanti, spartiti nel mezzo, cadono lateralmente in due o tre treccette, fermate dietro l’orecchio. L’altra maniera è a creste o spicchi rilevati, in numero di 5. Queste pettinature richiedono un lavoro di più ore e dai più diligenti si fa due volte al mese. Il modo poi con cui devono tirare i capelli è causa di forti dolori al capo, e per mitigarli si ungono con una pomata verde, composta di burro, mirto e olio odoroso: quest’ultima precauzione è quasi indispensabile per una relativa nettezza. Queste maniere di acconciature vengono variate dal capriccio della pettinatrice; il primo modo, ossia a treccette, è detto ciufà; il secondo, a spicchi, sciftà. Quest’ultimo è quello però più adottato dagli scium o grandi del regno, mentre il primo modo è più comune nelle donne. Gli schiavi ed i contadini si rasano con coltelli affilati: così i bambini.
Nei grandi lutti per parenti molto prossimi o per amici intimi si tagliano i capelli e vestono i più logori abiti, che hanno una tinta nerastra, non per la qualità della stoffa, ma per non averli lavati da qualche mese.
Molto ci sarebbe a dire sull’etichetta, cioè sul modo di servirsi dello sciammà; mi limiterò solo a dire che, quando gli Abissini stanno innanzi ad un loro superiore, lo sciammà è legato alla cintura, ed un solo lembo ricopre malamente il petto: per ringraziare, per rispondere alle domande dei loro superiori, devono far l’atto del saluto, che consiste nello scoprire completamente il petto, nel chinarsi rispettosamente fino a terra e, tenendo con la mano destra il lembo dello sciammà, far vista di baciarlo.
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Abissini
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