Chi supera le nevi o i valichi delle Alpi, chi vi si affacci oggi uscendo d'improvviso dal tenebrore delle catacombe ferroviarie, scorge tutt'altri aspetti da quelli che ha lasciati a settentrione: pendici illuminate dal sole, un'aria più pura, fiori più olezzanti, si avvede che tutto è cambiato intorno a lui, che si trova sopra una nuova terra. In molte regioni non esiste fra le isole ed il continente vicino un più aperto contrasto. Così la salutava Virgilio: "Salve terra Saturnia, madre feconda di messi, feconda d'eroi"; così W. Goethe ammirava "la terra dove fiorisce il cedro, e sulle foglie brune scintillano come d'oro gli aranci, dove spira per l'azzurro cielo un dolce venticello, e crescono il mirto e l'alloro"; così Leopoldo Schefer vi si affaccia come in un sogno. "Sono giunto, sono desto, non sogno. Fra il verde occhieggiano, come donne innamorate, gli aranci. Batte il cuore, trema il piede, esulta ricreato lo sguardo. Il belato della greggia, il canto dei pastori per i declivi ameni dei monti penetrano dolcissimi nell'orecchio; un sospiro celestiale, un olezzo inebriante spira nella purissima aria imbalsamata. Salve, o sole, che qui spandi i tuoi raggi, salvete o fiumi che qui scorrete. Beati voi agnelli, che qui pascete, pastori felici che mandate a queste aure il vostro canto, cultori che fecondate questa terra, mendicanti che la premete". E Byron:
Quanto può dar natura e dar può l'arteTutto s'aduna in te, giardin del mondo.
N. 1. -- MONTE BIANCO.
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