Scoppiata la rivoluzione francese, essa trovava ancora la penisola impreparata all'unità, immatura alla libertà, sebbene le lettere e le arti avessero di gran lunga precorso le condizioni economiche delle plebi. Egli è perciò, che attraverso le repubbliche effimere e i tentativi paurosi di un Regno italico, durano le tirannidi nazionali e straniere, le divisioni e le discordie, da un lato le oppressioni, dall'altro le congiure. Queste proruppero a rivoluzione nei moti del 1821 e del 1831, specialmente in quelli del 1848, quando non indarno il suolo d'Italia si copre di martiri, e su tutte le piazze sorgono le forche inutili a puntellare l'assolutismo delle diverse signorie. Ancora una volta la letteratura si fa potente preparatrice dell'unità, la scienza ne preludia i successi, il diritto la elabora proclamando il principio di nazionalità. Indipendenza non poteva esservi senza libertà; come con questa era caduta, da questa doveva essere preparata e resa possibile definitivamente.
Libere costituzioni erano state in varie epoche, con grande leggerezza, promulgate, di fronte al popolo minaccioso, per essere quasi tutte violate dai Borboni spergiuri o dai Papi, quasi prima che se ne facesse esperimento. Le repubbliche non avevano saputo in nessun modo conciliare l'ordine colla libertà, ed erano state travolte dalle loro stesse esagerazioni o dalla licenza, e quando queste non agivano abbastanza prontamente, dai più ingloriosi e ingenerosi interventi stranieri. In un solo Stato non era stata possibile la repubblica, sebbene Giuseppe Mazzini vi bandisse con fervore d'apostolo l'idea italiana; ma le libertà giurate vi si erano mantenute dopo il 1848 anche di fronte alla reazione.
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