Le popolazioni che oppongono maggior resistenza nella conservazione del loro dialetto sono i Valdesi, come seppero validamente lottare per secoli contro le torture e i patimenti più orrendi per la conservazione della loro fede. "Questo popolo, scrive E. De Amicis, ha una storia propria, la cui origine si perde nell'oscurità del medio evo, una fede sua, una sua letteratura, un suo dialetto, un particolare organamento religioso democratico, che appartiene a lui solo, un'assemblea libera che tratta e decide dei suoi interessi più delicati, istituzioni speciali. Non occupa e scarsamente che tre valli, di cui una piccolissima, e otto valloni, e ha corrispondenze e stazioni in tutte le parti d'Italia e colonie in Germania e in America, e vanta amicizie di popoli e di principi, ospita visitatori riverenti e devoti in tutti i paesi, manda soldati e divulgatori della sua fede in tutti i continenti. Fra abitanti del piano e montanari non furono mai molto più di ventimila, in quindici parrocchie, eppure ebbero le vicende e la forza d'un gran popolo; ebbero i loro eserciti, i loro generali, i loro eroi, i loro martiri; trattarono molte volte da pari a pari con lo Stato cento volte più grande cui appartenevano, sostennero trenta guerre, tennero testa per quasi un anno alla potenza di Luigi XIV. Come il popolo musulmano, sostennero urti di crociate fanatiche; furono strappati tutti insieme dalle loro terre come il popolo ebreo; si riconquistarono la patria come l'iberico. Dispersi, uccisi, distrutti quasi tutti, come una razza infetta di cui si volesse purgare la terra, ripullulavano più numerosi e più ostinati.
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