Secondo B. Biondelli, F. L. Pullé ed altri glottologi illustri, le varietà dei dialetti pedemontani si aggrappano intorno a tre tipi principali: il torinese, il canavese e il monferrino.
Il torinese si parla specialmente nella città e nel suo territorio e nelle valli degli affluenti superiori del Po, modificato alquanto nella valle della Stura (fossanese), nel territorio della città di Asti (astigiano), nei villaggi che siedono fra la Dora Riparia e l'Orco (lanzese). Il canavese è parlato dalla sinistra dell'Orco sino alle due rive inferiori della Dora Baltea (invrense), e nelle valli del Cervo ed affluenti (biellese), e vi si connettono lo specialissimo dialetto di Valsoana, anello di congiunzione fra i franco-provenzali e gli italici, e il dialetto di Andorno, che si accosta al lombardo-verbanese. Il monferrino si parla nella pianura d'Alessandria (alessandrino) e nei circondari d'Alba (albense) e Mondovì, commisto qui al ligure e al piemontese (mondovicense); naturalmente i dialetti delle alte valli della Scrivia e del Tanaro s'accostano ancora più al ligure.(47) Questi dialetti, come quasi tutti gli altri d'Italia, hanno subìto nell'ultimo quarto di secolo modificazioni notevoli, per effetto dello sviluppo dell'istruzione e delle ferrovie, per l'influenza esercitata dall'esercito e per altre ragioni, che contribuiscono a corrompere sempre più tutti i dialetti locali, accostandoli al comune linguaggio.
La fertilità del suolo, l'abbondanza delle acque e l'immenso materiale agricolo legato dalle precedenti generazioni, trattengono ancora al lavoro della terra la maggior parte delle popolazioni dell'Italia settentrionale.
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