Ma in molti luoghi i montanari, se sono ancora comproprietari dei terreni alpini e dei boschi comuni, hanno anche lembi di terra che loro appartengono in proprio; ognuno di essi possiede il suo piccolo praticello, la sua roccia trasformata a furia di lavoro in giardino; lo stato sociale di quegli abitanti assomiglia a quello dei contadini francesi che godono pure i vantaggi della piccola proprietà. Nei paesi di collina, ai piedi delle montagne, la terra è già divisa in tenute più grandi; il contadino non ne è più l'esclusivo proprietario, è soggetto ad una serie di usi e di prestazioni d'origine feudale, ma almeno ha una parte dei prodotti di cui può disporre.
Nella pianura dove lo scavo e la manutenzione dei canali esige necessariamente l'impiego di grandi capitali, le campagne, sebbene sempre divise in moltissime parcelle, appartengono quasi interamente a ricchi proprietari che per la maggior parte vivono lontani dai loro possedimenti e li affittano a coloni. La moltitudine dei coltivatori resta pertanto senza risorse e per vivere lavora le terre altrui.
Un movimento periodico di emigrazione trae ogni anno un gran numero di montanari delle Alpi d'Italia nelle città della pianura e nei paesi stranieri. Secondo un vecchio proverbio, "non v'ha paese nel mondo senza passeri e senza Piemontesi", ed infatti questi, veramente numerosi, costituiscono una gran parte dei montanari nomadi che vanno a combattere, lungi dal paese natale e perfino in America, la dura lotta per l'esistenza.
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