Nei campi del mezzodì, la vegetazione ha già indole mediterranea, mentre il paese posto a settentrione, salve le riviere lacuali, entra nella signoria della flora alpina. Ed anche su quelle riviere, appena intervenga una meno propizia esposizione, e molto più sui minori laghi, la vegetazione si spoglia subito della sua pompa meridionale, per riprendere le nordiche sembianze. Sul lago Maggiore regge l'olivo, ma non come pianta agraria delle sue riviere, ed il Ceresio, colle sue tortuose diramazioni, ha diverso aspetto floreale dall'uno all'altro promontorio. Maggiori ancora sono i contrasti sul lago di Como, dove l'eriobotryon japonicum matura i dolci frutti e la santolina chamae cyparissus si attorciglia col nodoso fasto all'acacia farnesiana, mentre a Lezzeno il raggio del sole scomparso ai primi di novembre ritorna ad indorare le gemme del fico, rattenute dal prematuro autunno, appena al principio di febbraio. Soltanto sul lago di Garda i limoni, gli aranci, gli olivi costituiscono una vera produzione industriale, mentre presso la foce del Sarca, nella pianura di Arco, rallegrata di vigne e di frutteti e su per la valle dell'Adige, s'inoltra il dominio della flora meridionale sino ai vigneti di Merano.
Lunghesso le falde dei monti Insubrici abbiamo qualche esempio della flora delle torbiere, ma gli sfagni, scarsi di specie e d'estensione, disseminati nelle fredde conche dell'altipiano e della collina, poco si dilatano e non formano mai quel tappeto elastico e compatto, dove mettono radice alcune tenere e rare orchidee; vi si trovano però il licopodio, l'arnica, il vacinium myrtillus.
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