Se non che le pescaie di codesta parte del lago vennero completamente rovinate e la febbre ha fatto la sua comparsa nei casolari del litorale vicino. I tecnici non riescono troppo bene ad opporsi ai capricci di codesti terribili vicini. Eppure senza i continui sforzi degli ingegneri veneziani, le lagune del Lido, di Malamocco, di Chioggia sarebbero da secoli colmate, come lo furono più all'est quelle di Grado e di Aquileia. In ogni tempo Venezia comprese con quanta cura essa dovesse conservare il suo prezioso mare interno; venne perfino proibita la coltivazione delle barene, piccoli isolotti elevati oltre il livello delle maree, temendosi, ed a ragione, che l'avidità dei coltivatori li tentasse ad invadere un po' alla volta il dominio delle acque.
S. MARTINO DI CASTROZZA COL CIMON DELLA PALA.
Da una fotografia del signor G. B. Unterverger di Trento.
[vedi figura 329.png]
Gli idraulici della repubblica non si erano limitati a deviare tutti i torrenti che si gettavano dapprima nelle lagune veneziane; essi aveano anche allontanate verso l'est, a mezzo di canali artificiali, le foci del Sile e della Piave, onde proteggere il porto del Lido dalla pericolosa vicinanza delle alluvioni fluviali; ed agitarono perfino il grandioso progetto di ricevere tutti i fiumi alpini, dall'Isonzo alla Brenta, in un grande canale di circonvallazione che avesse riversato l'intera massa delle piene molto al sud delle lagune. Ma questo progetto gigantesco non potè essere mandato ad effetto: i detriti trasportati dalla corrente del litorale chiusero il porto del Lido; verso la fine del quindicesimo secolo si dovette abbandonarlo e trasportare 12 chilometri più al sud, alla foce di Malamocco, il gran porto militare di Venezia.
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