Il mare segna dunque esso stesso, con una serie di barriere, il proprio cammino retrogrado. Vero è però che talvolta esso rioccupa lo spazio primitivo, in seguito all'abbassamento non ancora spiegato delle coste della Venezia. Così il banco di Cortelazzo, sbarra sottomarina di sabbie che si prolunga a venti metri di profondità, parallelamente alla spiaggia delle paludi di Caorle, sembra essere stato in un'epoca geologica anteriore un lido, la cui scomparsa lasciò libero al mare uno spazio di più di mille chilometri quadrati. La catena delle isole, che fiancheggiava il litorale d'Aquileia in antico e sul principio del medio evo, è quasi interamente scomparsa. All'epoca romana quelle isole erano popolatissime; si trovavano in esse cantieri di costruzione, foreste e campi coltivati. Le cronache del medio evo narrano anche come il doge di Venezia e il patriarca di Aquileia andassero a cacciare il cervo e il cignale in quelle isole, con gran dispetto degli abitanti. Attualmente delle terre e dei banchi di dune che le proteggevano restano poche vestigia; i roveti hanno preso il posto delle antiche foreste e dei campi coltivati; Grado è la sola località del litorale che sia ancora abitata. Nelle acque del mare e delle paludi, pietre, muraglie, pavimenti in mosaico ed anche lapidi con iscrizioni, attestano l'antica estensione della terraferma. Più all'ovest il litorale di Venezia si è abbassato nella stessa maniera. Sotto il suolo su cui sta oggi la città delle lagune, le perforazioni dei pozzi artesiani rivelarono l'esistenza di quattro strati sovrapposti di torbiere, delle quali una profonda circa 130 metri dà la misura dell'enorme sprofondamento avvenuto.
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